giovedì 5 settembre 2013

Ricomincia la scuola!!

L'apertura della scuola è ormai imminente e noi mamme insieme ai nostri bambini siamo impegnate negli ultimi acquisti e nel goderci gli ultimi giorni di vacanza..soprattutto per la coppia genitore/bambino che inizia un nuovo ciclo scolastico questo è un periodo delicato e ricco di emozioni: curiositá, paura, eccitazione e molte altre. Le mamme si chiedono come reagirà al proprio bambino di fronte a questa novità, come verrà accolto dalle maestre e dai nuovi compagni, come affronterà tutta la famiglia questo cambiamento e, nel frattempo, accanto alla gioia, anche un pò di tristezza per il tempo che passa. I nostri bambini stanno crescendo!! Come possiamo aiutare i nostri bambini in questi primi momenti così importanti? Rassocuriamoli, spieghiamo loro in cosa consiste questo cambiamento, rendiamo prevedibile la giornata spiegando a che ora entrerá a scuola, il momento dell'intervallo e cosa faranno quando usciranno da scuola. Enfatiziamo gli aspetti positivi dell'andare a scuola, del crescere, di tutte le nuove esperienze che potranno fare e, all'uscita, chiediamo loro di raccontarci cosa hanno fatto e qual è stata la cosa piú bella della giornata scolastica ( se i bambini alle elementari non ci riescono perchè vedono solo la fatica dei compiti aiutiamoli proponendogli delle alternative e provando a riflettere insieme) abituandoli in questo modo a trovare il positivo anche di situazioni più faticose. Per i bambini che iniziano il nido e la scuola materna l'aspetto più importante a cui prestare attenzione è l'attaccamento a noi genitori. Chiediamo loro il grande esercizio di allontanarsi da noi per diverse ore, di affidarsi a figure estranee e a regole probabilmente diverse da quelle a cui son abituati. è davvero importante allora all'uscita passare del tempo di qualitá con loro, tranquillizzarli e rassicurarli che l'asilo non ha cambiato niente, che la mamma è sempre presente e torna sempre a prenderli, che il resto della vita ( la cameretta, le routine a casa, i nostri momenti speciali) son sempre gli stessi e sempre presenti! Buona scuola a tutti, grandi e piccini!!

venerdì 20 aprile 2012

I DISEGNI DEI BAMBINI

Il disegno per bambino è gioco, espressione, comunicazione. Soddisfa bisogni ludici, affettivi e emotivi. Il disegno consente al bambino di dare spazio al suo mondo interiore e gli permette di comunicare pensieri così complessi da essere difficili da essere condivisi verbalmente.
Attraverso il disegno insegnanti, educatori, psicologi e gli stessi genitori possono seguire la crescita psichica ed emotiva di un bambino e gli specialisti dell'infanzia lo utilizzeranno per analizzare caratteristiche specifiche della vita del bambino con test quali "il test della famiglia" e "il test dell'albero".
Con il disegno il bambino proietta sul foglio le proprie emozioni, i propri sentimenti utilizzando gli strumenti a sua disposizione.

Come funziona?
Se il bambino è lasciato disegnare o pasticciare liberamente con i colori e i fogli finirá per comportarsi con il foglio come farebbe nel mondo.
Il foglio rappresenta per lui l'ambiente in cui potersi esprimere liberamente.
È fondamentale che il bambino sia lasciato disegnare spontaneamente e da questo l'adulto potrà trarre informazioni preziose sulla modalità di comportamento spontaneo del bambino.

16-18/20 mesi: tracce e segni non consapevoli
Sono semplici e mancano di intenzionalità vero e propria. È soltanto quando l'adulto interviene e gratifica il piccolo per ciò che ha prodotto che il bambino comincerà a usare quel segnale con uno scopo comunicativo.
Si può osservare come il bambino in questa fase accompagni il gesto del tracciato con il movimento di tutto il corpo. Manca il controllo cerebrale occhio-mano.

24/36 mesi: il bambino acquisisce il controllo oculo manuale ed è quindi in grado di guidare sempre piú consapevolmente la mano che traccia insegni.
Si possono osservare i primi segni circolari e qualche angolo. È molto importante in questo periodo il gioco del colorare disegni prestampati cercando di rimanere entro i bordi.
È un esercizio utile ad affinare il controllo occhio-mano.

È verso i 30 mesi che ha inizio l'intenzionalità rappresentativa.
A questa età rappresenta con il disegno le proprie sensazioni interne che vive molto intensamente, tanto da accompagnare spesso verbalmente le sue espressioni grafiche.
È molto utile rimanere in ascolto di ció che racconta senza interromperlo per fare domande.

Proprio perché il bambino può rappresentare soltanto le proprie sensazioni interne, non è ancora in grado di copiare la realtà esterna. Lo farà a modo suo colorando oggetti familiari con colori diversi dal vero.
Non va ripreso per questo...infatti occorrerà aspettare i 7 anni perché un bambino possa rappresentare correttamente la realtà che lo circonda.

mercoledì 29 febbraio 2012

Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività

V. è un bellissimo bambino che frequenta la scuola elementare, la V elementare per l'esattezza.
Mi è stato presentato come un bambino un pò agitato, che non ascolta mai cosa dicono i genitori e le maestre, che a scuola non si impegna, che non sta mai attento in classe, che disturba con molte richieste e continui movimenti.
Quando lo conosco penso proprio che è un bellissimo bambino e sembra pure molto timido. Si presenta, ascolta le cose che dico io, mi sorride tanto che mi sorge il dubbio che tutto quello che mi è stato riferito forse sia stato un pò esagerato.
In realtà bastano pochi minuti e V. inizia a muoversi sulla sedia, a giocare con tutto ciò che ha davanti arrivando a distruggerli, a perdere completamente l'attenzione su ciò che sta facendo, a non ascoltarmi più.

V. è un bambino con deficit di attenzione e Iperattività e non è semplicemente un bambino agitato. Come può fare un genitore a capire quale sia il limite tra la fisiologica agitazione di un bambino e questo disturbo?

Con il termine ADHD (acronimo per disturbo da deficit di attenzione e iperattività) si identifica un disturbo dello sviluppo neuropsichico del bambino che include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività, generati dall’incapacità del bambino di regolare il proprio
comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente, rendendo difficoltosi, e in taluni casi addirittura impedendo, il normale sviluppo.

Non è facile fare una diagnosi per la difficoltà nel tracciare una linea di demarcazione netta tra normalità e comportamenti dovuti a livelli patologici di disattenzione, iperattività e impulsività. Occorre tuttavia tenere
sempre presente che per poter fare una diagnosi certa i sintomi nel bambino devono manifestarsi in almeno due contesti di vita
tra loro diversi (ad esempio casa e scuola), che siano presenti da
almeno sei mesi e che i tratti comportamentali si discostino da
quelli degli altri bambini nelle stesse condizioni e della stessa età.
Inoltre, unitamente agli aspetti sopra citati, è necessario che le
manifestazioni compaiano prima dei 7 anni di età e che abbiano
ripercussioni gravi a tal punto da compromettere il rendimento
scolastico e/o sociale.

Quali sono i sintomi della disattenzione?


E' facilmente distratto, passa da un'attività all'altra, si annoia di un compito dopo pochi minuti, ha difficoltà a focalizzare l'attenzione sull'organizzazione di un compito o di una attività, ha difficoltà a svolgere i compiti autonomamente a casa, spesso perde le cose (tipico perdere matite, gomme e oggetti scolastici, ha difficoltà a seguire le istruzioni.

Quali sono i sintomi dell'iperattività?

Spesso muove le mani o i piedi o si agita sulla seggiola
• Si alza in classe o in altre situazioni dove ci si aspetta che
rimanga seduto;
• Corre in giro o si arrampica eccessivamente in situazioni in cui
non è appropriato (in adolescenti e adulti può essere limitato
ad una sensazione soggettiva di irrequietezza);
• Ha difficoltà a giocare o ad impegnarsi in attività tranquille in
modo quieto;
• È continuamente “in marcia” o agisce come se fosse “caricato
a molla”;
• Parla eccessivamente.

mercoledì 22 febbraio 2012

DONNA E MAMMA: CONCILIARE I DUE RUOLI NON E' SEMPRE SEMPLICE

Proprio la scorsa settimana ho tenuto un incontro presso un asilo nido con alcune mamme su questo tema e, come sempre, mi ha dato modo di riflettere su quella che è la mia esperienza come professionista e come mamma.
Che fatica si fa a conciliare i due ruoli! Quanta energia investita quotidianamente nel faticoso tentativo di essere una brava madre e una buona professionista! Quanta fatica anche passare da un ruolo all'altro nel giro di pochi minuti!
Penso a me che lavoro tutto il giorno con bambini, ragazzini con varie problematiche,a me (come tante altre mamme) che rivesto un ruolo per tutta la giornata, che utilizzo certe tecniche e che poi, nel giro di pochi minuti mi ritrovo a casa con Nicole che desidera la stessa dose di attenzioni, di considerazione, di parole in un momento in cui vorrei soltanto silenzio intorno a me.
Dall'esterno mi sembra un lavoro immenso...poi magicamente trovo ogni sera energie, voglia di "fare" che esce fuori come da un cappello da prestigiatore.
Perchè le mamme hanno una marcia in più; perchè le mamme anche se sono stravolte trovano la forza di giocare, di rotolarsi per terra, di ascoltare e contenere i propri figli...
E' altrettanto vero che, se da una parte l'esperienza della maternità è intimamente connessa allo sviluppo psichico femminile, dall'altra assume un significato preciso in relazione al contesto socio-culturale nel quale la maternità viene vissuta.
E, ancora oggi nella nostra società, la figura femminile è considerata depositaria dell'amore incondizionato, senza riserve: ancora è forte il mito materno simbolo di completezza e infallibilità.
Quando ho detto queste cose alle mamme dell'incontro di cui vi parlavo prima, mi hanno tutte guardate come per dire " vabbè non è mica vero, io non sono vittima di nessun tipo di stereotipo..." poi, analizzando insieme le varie esperienze è emerso invece chiaramente che alcuni stereotipi sono entrati talmente tanto a far parte di noi e della nostra società che neanche ci accorgiamo di esserne vittime.
Quali sono i principali stereotipi relativi alla maternità?

1) essere mamma significa essere perfetta

2)essere mamma vuol dire amare in maniera incondizionata

3)Il sentimento materno è amore allo stato puro

4)nessuna madre prova mai sentimenti negativi nei confronti della propria creatura.

Quanto questi concetti vi condizionano nella vostra esperienza? Quanto sarebbe importante parlare di quanto ci sentiamo a volte stanche, stressate, arrabbiate con i nostri figli? Quanto ci sentiamo imperfette tutti i giorni ma non possiamo ammetterlo di esserlo?

RACCONTATEMI LA VOSTRA ESPERIENZA...INIZIAMO A DIRE COME SONO REALMENTE LE MAMME PERCHè MOSTRARE LE NOSTRE FRAGILITà E LA NOSTRA IMPERFEZIONE NON SIGNIFICA ESSERE MENO BRAVE!

lunedì 28 novembre 2011

C'ERA UNA VOLTA....LA FIABA

C'era una volta...

così iniziano molte delle fiabe con cui sono cresciuta: Pollicino, I tre porcellini, Cenerentola e tante altre; fiabe che hanno accompagnato la mia crescita e quella di molti altri bambini e con cui mi sono addormentata molte volte quando ero piccola.
C'era una volta la fiaba, che oggi non c'è più o quasi!
Una recente inchiesta condotta in Inghilterra qualche tempo fa ha rilevato che soltanto il 16% dei bambini tra i 2 e gli 8 anni si addormenta al suono di una storia raccontata dai genitori; mentre dieci anni fa era il 30% e trent'anni fa il 75%.
I ricercatori inglesi mettono in relazione la scomparsa di quest'abitudine con forme di disagio giovanile in aumento come le baby-gang, in quanto i bambini non apprenderebbero più dalla voce rassicurante dei genitori la differenza tra bene e male, tra ciò che si può e ciò che non si può fare.
Ciò che viene anche a mancare è uno spazio di tranquillità e di comunicazione in cui un bambino può pensare, porre domande e confrontarsi, esprimere dubbi e proporre soluzioni; ossia un insieme di attività che coinvolgono tanto la sfera cognitiva che quella affettiva e che, giorno dopo giorno, li aiuta a maturare.
Gli effetti positivi del raccontare una fiaba sono quindi molteplici e proprio per questo dovremmo riscoprire quest'abitudine.

4 BUONI MOTIVI PER RACCONTARE UNA FIABA AL NOSTRO BAMBINO:

1)TRASCORRERE DEL TEMPO INSIEME: i nostri bambini, anche se piccolissimi, capiscono che i nostri ritmi di vita sono frenetici e che non abbiamo sempre la possibilità di prestare attenzione a loro. Ritagliarsi però dieci minuti al giorno per raccontare una storia ci permette di rallentare, di darci del tempo da dedicare soltanto alla relazione con loro, di "regalare" del tempo (seppur poco) di qualità che farà bene a noi e ai nostri bambini.

2)ATTENZIONE E LINGUAGGIO: Il racconto è un supporto utilissimo per lo sviluppo del linguaggio. Nel primo anno di vita canzoncine e filastrocche stimolano l'udito, l'attenzione, l'intelligenza e il desiderio di parlare.
Nel secondo e terzo anno il bambino ripete, cerca di seguire il filo del racconto, sfoglia i librini tenendo il segno, immagina e rielabora le storie.

3)IMMAGINAZIONE: Le fiabe e i racconti hanno anche la funzione di soddisfare curiosità, vincere paure, risolvere problemi e sviluppare l'immaginazione dei nostri bambini.

4)INTIMITà: Il momento del racconto diventa un momento di intimità; creano un clima caldo e accogliente dove i bambini si sentono sicuri e protetti.

QUALI FIABE RACCONTARE AI BAMBINI?

Ogni età ha le sue favole.
0-1 anno: i bambini possono prestare attenzione a piccoli racconti che ruotino intorno a figure semplici ed essenziali.

2 anni: i bambini ameranno racconti in rima, semplici e brevi ma anche canzoncine e filastrocche

3-4 anni: apprezzeranno le storielle che parlano di attività quotidiane

4-5 anni: avventure con elementi del mondo fantastico come fate, streghe, mostri, elfi.

domenica 4 settembre 2011

Nicole e i terribili due...

Nicole, mia figlia non ha ancora due anni; esattamente ha 21 mesi ma siamo già da tempo (almeno due mesi) nella fase dei terribili due!!
Cosa sono i terribili due? Quando il vostro bambino da dolce e innocente si trasforma in un piccolo diavoletto pronto a fare una bizza per qualsiasi cosa, a buttarsi per terra in mezzo di strada solo perchè non vuole venire via dai giardini, a cadere dalle scale (battendo inevitabilmente la testa) solo perchè non vuole darti la mano, a urlare è MIOOOOOOOOO di qualsiasi cosa gli passi davanti, a piangere fino a non volere più lo yogurt appena aperto solo perchè lo voleva aprire lui...allora siamo nella fase dei terribili due!!!
Mia figlia è nel pieno di questa fase, sicuramente fonte di stress e di frustrazione per noi genitori che tanto ci impegnamo per dare un'educazione e tanta serenità ai nostri piccoli.
Per rassicurarmi mi dico come un mantra che è una fase e come tale passerà e che, oltrettutto è una fase molto importante per lo sviluppo dei nostri figli.
Cosa ci vogliono dire i nostri figli?
Mamma sto formando la mia personalità, sono un individuo separato da te e come tale ho delle idee, delle preferenze e un mio carattere.
Ma, poichè i bambini in questo momento stanno facendo una sorta di rodaggio del loro carattere, lo esprimono in forma estrema e sta a noi aiutarli in questo delicato momento.
Cosa possiamo fare noi genitori? Questo è il momento in cui è necessario far applicare poche ma fondamentali regole e assicurarsi che le rispettino.
Nicole, come credo molti dei vostri bambini, prova ad infrangerle di continuo volendo in questo modo affermare che è lei che decide e arrivando a sfidarmi apertamente.
Quando infrange queste regole la sgrido in modo fermo, le spiego con poche e semplici parole perchè questa cosa non va fatta e la metto due minuti in punizione a sedere sul divano, sulla sedia o nel lettino.
Ancora meglio sarebbe avere un posto preciso in cui far andare il bambino nel caso in cui trasgrediscano o in caso di capricci ma, per lo meno io, ancora non l'ho individuato in casa mia!!
Mamme non scoraggiamoci, i terribili due sono una fase e come tale passerà. Consoliamoci in questo modo e attiviamoci affinchè il bambino la superi nel modo più sano possibile per il suo sviluppo.

mercoledì 1 giugno 2011

E se mamma e papà si separano?

Nessun rapporto finisce di punto in bianco e nessun matrimonio soddisfacente finisce con un divorzio.
Di solito, la decisione di separarsi è conseguente ad uno periodo prolungato di profonda insoddisfazione: non si riesce più a stare bene insieme, si hanno valori e obiettivi diversi e inconciliabili, non si fa che litigare oppure al contrario, nella coppia regna la distanza emotiva e la mancanza di comunicazione.
Ma persino quando il rapporto è ormai compromesso, la scintilla si è spenta da anni  e la fiducia reciproca è incrinata, dirsi addio può essere tremendamente difficile.
Persino quando il matrimonio è stato estremamente deludente e i due coniugi sono arrivati al punto di odiarsi, difficilmente la separazione viene vissuta come una liberazione.
La dissoluzione del legame matrimoniale non costituisce  solo la fine di una storia d'amore importante ma anche di tutto quello che un matrimonio rappresenta a livello psicologico.
É la fine di un progetto di vita in cui si era creduto e scommesso, dei sogni per il futuro, di una relazione che si sperava sarebbe durata per sempre.
La fine di una relazione è processo doloroso  anche per chi prende la decisione di lasciare, ma per chi viene lasciato lo è molto di più.
Infatti, il partner che decide di interrompere la relazione, pur essendo costretto a sopportare il peso della responsabilità della  decisione e dovendo fare i conti con il dubbio di aver fatto la scelta giusta e con i sensi di colpa, è quello che se la cava meglio perché è il meno coinvolto emotivamente.
Chi viene lasciato vive, invece, una dolorosa esperienza di abbandono e di rifiuto che può intaccare in modo molto profondo l'autostima e la fiducia nell'amore e nel futuro.
Il coniuge che " subisce" il divorzio soffre molto più a lungo e molto più intensamente, ma se riesce a superare questa esperienza così devastante, esce dalla separazione con Io più forte e con una rinnovata  consapevolezza delle proprie capacità e delle possibilità che la vita può offrire.
Il divorzio è una delle esperienze più dolorose e devastanti che l'essere umano può sperimentare dopo la morte di una persona cara, l'invalidità permanente e una grave malattia.
Accettare la separazione dalla persona amata richiede tempo e un processo psicologico complesso; le fasi che una persona si trova ad affrontare sono quelle dell'elaborazione di un lutto.

TRA MAMMA E PAPà: I FIGLI
I bambini, anche i più piccoli, capiscono le conseguenze emozionali di una separazione, molto di più di quanto gli adulti credano.
La possibilità di metabolizzare un'esperienza come la separazione dei genitori per un figlio appare strettamente correlata sia all'età, ovvero alla capacità di elaborazione del minore, sia al grado di conflittualità, più o meno elevata, che può caratterizzare le relazioni della coppia genitoriale e delle reciproche famiglie di origine.
Se i genitori sono “immersi” nei loro problemi, viene ridotta anche la possibilità per il bambino di fare la spola tra momenti di allontanamento dai genitori e di esplorazione autonoma del mondo e momenti di riavvicinamento e di ritorno ad essi, alla ricerca di appoggio e conferma. In ogni caso il bambino viene investito di responsabilità che inibiscono le possibilità di riconoscere i propri vissuti, il cui peso nel percorso di sviluppo è evidente.
Di solito, quando i genitori presentano un’alta e pervasiva conflittualità, hanno bisogno essi stessi di essere sostenuti emotivamente, tendendo a porre il figlio in una posizione marginale o a strumentalizzarlo nell’attacco reciproco. In questi casi il minore viene coinvolto in un processo di triangolazione che lo pone in una condizione di inversione di ruoli in quanto lo vede assumere una posizione “genitorializzata”, a cui il sistema parentale chiede cura e protezione. In queste situazioni il genitore spinge il figlio a sostenere le proprie ragioni contro quelle dell’ex coniuge, con l’effetto di costringerlo a schierarsi e a non poter riconoscere e valorizzare il legame con l’altro genitore.
Altre volte invece al figlio è richiesto di assumere il ruolo di “intermediario”, a causa dell’incapacità dei genitori a comunicare in modo sereno ed efficace, visto l’eccessivo coinvolgimento nel conflitto. Inoltre, anche il meccanismo giudiziale che coinvolge la coppia coniugale rientra in un’ottica in cui tutto è visto in termini di vittoria o sconfitta, e non lascia spazio a scelte e posizioni alternative.
Queste situazioni possono facilmente provocare diversi effetti dolorosi per il bambino: primo fra tutti il sentimento di trovarsi ad avere un ruolo di giudice sulla vita dei propri genitori, in cui viene implicato in tematiche che non gli spettano perchè riservate agli adulti. In questo modo il piccolo acquisisce agli occhi del genitore con cui si schiera un potere dato dalla sua complicità, mentre nei confronti dell’altro si nega la possibilità di vivere sentimenti positivi con lui connessi e ciò può portare ad una rottura del legame o comunque ad un allontanamento affettivo.
Pertanto, i figli coinvolti nel conflitto genitoriale è come se perdessero entrambi i genitori: sia quello con cui si alleano, sia quello contro il quale si volgono.
La contesa dei genitori va considerata quindi una violenza che porta ad un danno psicologico significativo per il figlio perchè va contro il diritto del bambino a rapportarsi in modo sereno ed equilibrato con entrambe le figure genitoriali.
Al contrario, le conseguenze negative della separazione possono essere superate quando i genitori riescono a cooperare per soddisfare le esigenze educative ed affettive dei figli.

ACCORGIMENTI PER AIUTARE I FIGLI IN CASO DI SEPARAZIONE
- Evitate di discutere o litigare in loro presenza.
-Comunicate la decisione di separarvi quando siete convinti di procedere in tempi brevi: una comunicazione effettuata troppo presto crea falsi allarmismi e incoraggia i minori a sperare in una riconciliazione, comunicare
in ritardo tardi crea, nei figli, l’idea che non siano importanti per voi.
-Chiarite, anche numerose volte, che la decisione di separarvi è definitiva: molti bambini, presentano fantasie in merito alla riconciliazione genitoriale.
-La comunicazione dell’intenzione di separarvi va fatta possibilmente
insieme, in un momento in cui la famiglia è riunita e durante il quale tutti sono liberi da impegni.
-Adottate parole semplici, adeguate all’età del bambino.
-Dimostrate entrambi, a vostro figlio, il vostro affetto e rassicuratelo del fatto che, malgrado separati, vi occuperete entrambi di lui.
-Cercate di dedicargli più tempo e di manifestare maggiormente l’affettività.
-Aiutate vostro figlio ad esprimere le emozioni e i pensieri relativi alla separazione.

E DOPO LA SEPARAZIONE....
-Cercate di facilitare i contatti con l’altro genitore: il bambino necessita di entrambi i genitori e un figlio, soprattutto nella prima infanzia, può credere che il genitore non affidatario lo stia abbandonando perché non prova più
affetto per lui.


-Evitate discussioni con l’ex coniuge e concordate modalità e tempi chiari e precisi di frequentazione del figlio con il genitore assente.


-Evitate di screditare o denigrare l’altro genitore, soprattutto se questi è assente, ma rassicurate vostro figlio dell’affetto dell'altro genitore.

-Non cercate l’alleanza o la complicità del bambino contro l’altro genitore ed evitate di usare i figli come giudici o arbitri dei vostri comportamenti.

-Evitate di usarli come messaggeri, spie o testimoni contro l’altro genitore.

-Se possibile, mantenete le stesse abitudini di vita nella casa coniugale: la continuità e la sicurezza delle abitudini acquisite anche nel contesto sociale permetteranno al bambino di superare meglio i disagi connessi alla separazione.

-Chiedete aiuto e collaborazione ai vostri familiari che possono essere una risorsa utile e importante per vostro figlio.

-Non svalutate o denigrate l’ex coniuge in presenza del bambino che può essere ferito da tali commenti negativi.

-Se è possibile, e se la conflittualità tra gli ex coniugi è controllata, cercate di riunire il nucleo familiare in occasione di feste, compleanni, comunione, incontri con la scuola, gare sportive e in tutti gli altri eventi che vedono vostro figlio in qualche modo protagonista.
Tale comportamento è costruttivo e appagante per il bambino.